12 maggio 2009

Articolo di Guy Rouquet sulla vicenda

Traduzione dell'articolo originale in francese, dal sito:
http://www.psyvig.com/default_page.php?menu=14&page=26


Ayahuasca e turismo sciamanico : viaggio al limite dell’orrore per due italiani in Amazzonia

di Guy ROUQUET

“La storia che qui si racconta occupa i miei pensieri da qualche mese. È stato grazie al resoconto di una giornalista d’ inchiesta, che conduceva un’indagine  sulla pericolosità dell’ayahuasca e del turismo sciamanico, che sono venuto a conoscenza della morte di due giovani italiani in Amazzonia equatoriale, in seguito a un’overdose durante un rituale organizzato dagli indigeni.
Emiliano Eva e Denis Tronchin erano italiani. I due amici sono scomparsi il 6 agosto 2006 dopo essere entrati nella giungla equatoriale per ingerire l’ayahuasca, la bevanda allucinogena preparata per loro. Qualche mese dopo sono stati ritrovate le loro ossa sparse, erano state tagliate a pezzi.
Gli investigatori suppongono che dietro la morte dei due italiani si nasconda un traffico d’organi. In effetti, tredici cadaveri sono stati ritrovati nel luogo dove la polizia equadoriana ha trovato i resti del giovane di Scorzè e del suo amico milanese”.

Sommario:

  1. I fatti
  2. L’inchiesta
  3. La situazione all’11 maggio 2009
  4. Tzamarenda, un personaggio controverso
  5. Uno sporco affare può nasconderne un altro
  6. Che cosa pensare?

La notizia non ha fatto nessuno scalpore  in Francia, né sulla stampa in lingua francese. Invece l’avrebbe meritato, visto che il fatto non è solamente sordido e tragico, ma anche rivelatore di un certo modo di mescolare grossolanamente l’esoterismo all’esotismo e di sfruttare la credulità del cliente occidentale da parte di sciamani senza scrupoli.

1. I fatti

Emiliano Eva, nato nel 1978, era musicista e Denis Tronchin, nato nel 1977, era grafico pubblicitario (web designer). Tutti e due erano partiti da Milano verso Quito il 28 luglio 2006 per conoscere le pratiche sciamaniche degli indiani Shuars e sperimentare l’ayahuasca (1). Dovevano rientrare in Italia il 19 agosto.

Denis si era interessato allo sciamanesimo navigando su internet. Tramite il sito “il tamburo degli sciamani” era in contatto con Francesco de Giorgio, uno sciamano italiano, che indirizza la sua clientela verso l’Equador dopo averla preparata con conferenze, stages e seminari. Emiliano e Denis si sarebbero conosciuti qualche mese prima, in un incontro di questo tipo.

Durante il volo che li portava a Caracas, dove dovevano fare scalo per Quito, i due amici fecero la conoscenza con Clarissa, una giovane venezuelana, che  indicò loro qualche luogo da visitare. Il 5 agosto, la vigilia della scomparsa dei due giovani, quest’ultima ricevette un messaggio scritto in spagnolo in cui Denis le diceva di vivere con Emiliano “un rituale forte, con tre giorni di digiuno”, che il momento era “veramente difficile”, che le avrebbe raccontato tutto questo di persona al suo ritorno visto che anche in italiano era molto complicato da spiegare.

Sembra che, trattando un prezzo conveniente, sia stato organizzato un rituale privato per Emiliano e Denis, che passavano per Puyo, dove avevano raggiunto, in un albergo italiano del luogo (El Colibri), alcuni connazionali mandati da Francesco de Giorgio.

 È là che Tzamarenda Naychapi Estalin Abran, uno sciamano dell’Equador nominato dal consiglio degli anziani capo principale della comunità Shuar, chiamata Yawints e composta da 1600 indigeni, avrebbe incontrato Emiliano e Denis.

Isolati dal gruppo  in circostanze che restano oscure, i due giovani sono stati condotti prima nel villaggio “Parroquia 16 de Agosto”, poi nella foresta dove, secondo dei testimoni indigeni, hanno assunto l’ayahuasca. In seguito all’ingestione della bevanda, uno sarebbe entrato in una sorta di coma e l’altro avrebbe perse la ragione. Sarebbe quindi stato deciso di sopprimerli e poi di far scomparire i corpi dopo averli tagliati a pezzi.

I resti sono stati ritrovati sparpagliati lungo il fiume Pastaza. Nel dicembre 2006, quattro mesi dopo la scomparsa, la metà del corpo (tronco e testa) di Emiliano Eva è stata ritrovata e, nel febbraio 2007, l’altra metà. Nel mese di marzo una parte delle ossa di Denis Tronchin. Con il supporto di esami  genetici, i medici legali hanno confermato che si trattava dei resti di Emiliano e di Denis.


2. L’inchiesta
Angel Villamagua, rappresentante del pubblico ministero di Morona Santiago, segue l’istruttoria dal 22 marzo 2007. Un mandato di arresto è stato fatto nei confronti di cinque indigeni, tra cui Stalin Abrahan Tzamarenda Naichapi. Per ordine del giudice, la polizia è entrata all’alba nelle loro abitazioni, situate a Palora, e ha catturato tre presunti colpevoli. Nella casa di Abel Luicio Naach, il cugino di Tzamarenda, hanno trovato una borsa di marca “Quechua” che aveva le caratteristiche rese note dalla famiglia di Emiliano, quando era stata avvertita della scomparsa del figlio. Sono stati ritrovati anche dei vestiti  regalati in occasione di questo viaggio in Equador.
Le persone coinvolte  hanno testimoniato accusandoli d’aver assassinato gli italiani. Un testimone ha confidato all’investigatore che questi ultimi avevano soggiornato in agosto negli alloggiamenti di Tzamarenda (settore di Yavinza Palora), un altro si è ricordato che nello stesso periodo aveva trasportato nel suo furgone due stranieri italiani, da Puyo fino a Palora, dove li ha consegnati a Raul Elias Antuca, amico intimo di Tzamarenda, con il quale organizzava il suddetto “turismo sciamanico”.  Aggiunti agli altri, questi dettagli hanno condotto Angel Villamagua a indagare su i cinque Shuars, accusati di duplice omicidio.
Poi il tempo ha fatto il suo corso. L’investigatore che si occupava dell’inchiesta ha ricevuto minacce di morte e il primo testimone Shuar, che ha raccontato alle autorità quello che era successo indicando Tzamarenda come colui che ha dato l’ordine, è stato ucciso... La sua testa sarebbe stata rimpicciolita e i suoi resti bruciati. In fuga, Tzamarenda ha finito per essere arrestato a Quito (Mitad del Mundo) dopo alcuni mesi di ricerche. Ma per lo stupore generale, dopo qualche ora dopo la sua cattura, il pubblico ministero di Macas (dove era stato trasferito) lo ha rimesso in libertà per non aver potuto accertare la sua responsabilità.

3. La situazione all’11 maggio 2009
L’assassinio del testimone ha instaurato un clima di paura tra gli Shuar. Coloro che sanno tacciono. Ma la tensione sarebbe palpabile. Dei forti dissensi opporrebbero le famiglie indigene, tanto che i presunti colpevoli , sbarazzatisi dei loro accusatori, si rivolterebbero contro i Bianchi, definiti come portatori di guai... Di fronte ai Bianchi, colonizzatori, ladri e distruttori, il patriottismo della nazione Shuar viene attivato con forza. Sulla rete, in certi siti, gli Shuars si apostrofano violentemente e certi esprimono, senza nascondere la propria ostilità, addirittura il loro odio verso il pensiero occidentale, gli industriali, i commercianti, i missionari (2).
Le famiglie di Emiliano Eva e di Denis Tronchin sperano di conoscere un giorno la verità, di sapere quello che veramente è successo nell’agosto del 2006. Ma, a migliaia di chilometri di distanza, sono disarmati e l’ambasciata italiana in Equador non è in grado di condurre l’inchiesta. La paura, la disinformazione, la corruzione e l’eliminazione o la dissimulazione delle prove o degli indizi, fanno pensare che il processo non porterà a  nulla o a posa cosa.
Se gli omicidi si sono verificati al termine della seduta sciamanica con l’ingestione dell’ayahuasca, se il taglio dei corpi si è verificato con lo sparpagliamento dei pezzi nell’ambiente, gli italiani tendono a essere gravati di una responsabilità sempre più pesante in questa tragedia. Emiliano e Denis hanno utilizzato una rete italiana per incontrarsi a Puyo, presso un albergatore connazionale. Sono arrivati con l’intenzione ben precisa di consumare l’ayahuasca. Il gruppo da cui sono stati isolati avrebbe invece accorciato il viaggio e sarebbe rientrato precipitosamente in Italia, lasciando emergere un dubbio sul proprio coinvolgimento nella questione. Indice aggravante: gli autori dello smembramento hanno utilizzato una troncatrice, che non è sicuramente un modus operandi degli shuar... In sostanza, dando da pensare che, al di fuori di ogni ragione, i compagni di viaggio di Emiliano e Denis  siano gli autori dello smembramento dei corpi, certi “informatori” sembrano essersi applicati nello spostare il centro di gravità della questione...

4. Tzamarenda, un personaggio controverso
La tragedia non cessa di rinviare al personaggio di Tzamarenda che si presenta, a chi lo vuole ascoltare, come un “guerriero Shuar” dell’alta montagna che vive di pesca, di caccia e di raccolta impegnandosi a guarire il mondo dai suoi mali e dalle sue pene.
Stabilitosi nel cantone di Palora, in provincia di Morona  Santiago,dice di continuare la missione dei suoi antenati.
Quarantenne, l’uomo è evidentemente molto abile, indossando secondo le circostanze la sua pelle di leopardo o la sua tenuta civile. Buon parlatore, intelligente, seduttore, “la voce dura come la corteccia degli alberi” sa imporsi ai suoi visitatori o interlocutori, dare loro ciò che ricercano, l’esotismo, lo spaesamento, le pratiche e le conoscenze ancestrali... Soddisfacendo il Bianco, sa ottenere più facilmente la sua riconoscenza.
Le incoerenze tra i bei discorsi di Tzamarenda e le azioni che si dice lui abbia compiuto sono state denunciate dagli equdoriani, ma anche dai francesi che, toccati dalle condizioni di vita del popolo Shuar, hanno fatto delle donazioni, creato un sistema di adozione per gli studenti, finanziato l’acquisto di un pannello solare e di una pompa d’acqua, prima di scoprire gli abusi della fiducia del loro sollecitatore e di accorgersi che il denaro invito era stato utilizzato a fini personali.
Tzamarenda si è più volte recato all’estero, anche in Europa, dove ha saputo farsi portavoce come rappresentante della nazione Shuar. Così, nel novembre 2004, invitato dal Ministro ecuadoriano del turismo, speranzoso di accrescere il numero dei viaggiatori britannici verso il suo paese, si è recato a Londra nell’occasione della fiera turistica del World Travel Market, per celebrare nel centro finanziario una cerimonia per espellere dal Regno Unito gli “spiriti maligni” “che si manifestano nei problemi  politici, nello stress dovuto al lavoro eccessivo e negli incidenti sanitari dovuti al consumo di alimenti contaminati chimicamente”. Utilizzando “l’energia cosmica del popolo shuar”, Tzamarenda voleva che gli inglesi cominciassero a scrivere simbolicamente su un foglio bianco, non intaccato dal sistema che mantiene tutti gli occidentali prigionieri”.
Nel giugno del 2006, con l’occasione della partecipazione dell’Equador al Mondiale in Germania, Maria Isabel Salvador, ministro del Turismo, si augurò di promuovere non solamente il calcio, ma anche i suoi prodotti, la sua cultura e il suo interesse turistico. Secondo lei, lo sciamano Tzamarenda, faceva parte della delegazione perché il mondo attuale era alla ricerca della spiritualità, l’idea era che egli portasse “un messaggio di pace e di spirito positivo al Mondiale”. Ed è così che Tzamarenda, molto volentieri, acquisì un surplus di notorietà e “purificò”, in pelle di leopardo, gli stadi tedeschi. Ma sorpreso a sotterrare una piuma sotto il manto erboso dello stadio olimpico di Berlino, e accusato di aver gettato un sortilegio alla squadra tedesca, negò. “Lo sciamano ha voluto apportare l’energia positiva allo stadio del Mondiale” si sforzò di spiegare, imbarazzato, un responsabile dell’ufficio del turismo ecuadoriano. Calcolo sbagliato sotto diversi punti di vista: con il 3 a 0, la Germania vinse sull’Equador nel primo incontro del gruppo A.
Secondo i suoi detrattori che non sono del suo mondo e non hanno tropo riguardo, Tzamarenda non sarebbe per nulla uno sciamano. Ma bisogna constatare che va in questo modo con diversi indigeni amerindi che, con questa denominazione mediaticamente importante, sfruttano la credulità degli occidentali (soprattutto europei e nord americani) facendo leva sul loro senso di colpa e pentimento nei confronti degli “indiani”, sulla loro difesa rousseauiana della natura (il mito del buon selvaggio) e sul bisogno di avventura o di spaesamento nelle contrade “selvagge”, oppure semplicemente sulla richiesta di sensazioni nuove, consumando potenti droghe dette “visionarie” come se fossero iniziazioni (“bevande sacre”).

5. Uno sporco affare può nasconderne un altro
Gli investigatori suppongono che dietro l’omicidio dei due italiani si nasconda un traffico d’organi. In effetti, tredici cadaveri sono stati ritrovati sul luogo in cui la polizia ecuadoriana ha trovato i resti del giovane di Scorzè e del suo amico milanese.
Ora, il 13 luglio 2006, all’epoca della scomparsa di Denis e di Emiliano, Gilberto Yankuam, vice presidente del Confederazione delle Nazioni Indigene dell’Amazzonia, scomparve mentre era andato a pescare nel settore di Union Base, a cinque chilometri da Puyo, in compagnia di Jorge Mayancha e di Bosco Chumbia, amico e guardia del corpo.  A causa dell’aumento delle acque dovuto alle forti pogge di quel periodo, avevano deciso di sospendere la loro battuta di pesca. Ma nel momento in cui erano sul punto di raggiungere la riva, Yankuan è caduto e portato via dalla corrente. Le ricerche attivate nei giorni seguenti dalle squadre di soccorso non diedero alcun esito. Allo stesso tempo Antonio Moncayo fu stupito che, chiamando ripetutamente il cellulare di Gilberto Yankuam, suo fratello, l’apparecchio suonasse. Ne dedusse che questa cosa non fosse normale: “il telefono non può emettere segnali sott’acqua , e in ogni caso dovrebbe essere scarico”. Nell’ottobre 2006, il cellulare suonava ancora, ma nessuno rispondeva. I suoi dubbi si rinforzarono. Per lui divenne chiaro che suo fratello non era annegato, e che la sua scomparsa dipendesse da altre circostanze. Nel novembre 2006, Moncayo raccolse degli indizi che gli fecero pensare che suo fratello potesse essere stato sequestrato nel cantone di Palora (Morona Santiago).
Con l’aiuto di molti dirigenti shuars, continuò le sue ricerche. A metà febbraio 2007 fu individuata una minorenne che conosceva il luogo in cui si trovava Gilberto Yankuam,  con l’appoggio della polizia giudiziaria di Pastaza e Morona Santiago, e del pubblico ministero di Pastaza. Questa shuar fu obbilgata dai suoi genitori a lavorare a servizio nella casa di Jorge Tunki, una delle persone sospettate all’interno del sequestro.
La minorenne confessò che era una “testimone fedele” e che sapeva delle cose sul sequestro di Gilberto. Indicò che Jorge Tunki era la persona incaricata di sorvegliare  Yankuam su ordine del comandante Stalin Naichap Tsamarenda e di Elia Antuca, consigliere  municipale di Palora.
Sulla base di questa informazione, il 28 febbraio 2007, dei membri della nazione shuar si recarono nel settore di Planada (parrocchia Arapicos del canton Palora) per arrestare Tunki, che fu trasferito immediatamente nella comunità di Tsurakù situato a 51 chilometri da Puyo, sulla strada per Macas.
Tunki confessò che Tsamarenda e Antuca erano gli autori del sequestro di Gilberto. Queste dichiarazioni raccolte in un documento redatto dall’assemblea biprovinciale della nazione shuar di Pastaza e di Morona Santiago. In seguito a questa rivelazione, trecento shuars, guidato da Tunki, e sei membri della polizia, si misero alla ricerca del leader scomparso. Dopo molto giorni di ricerca, gli shuars ebbero la convinzione che l’informazione fosse falsa e la loro collera crebbe. Messo spalle al muto, Tunki alla fine confessò di aver assassinato Gilberto Yankuam per ordine di Tzamarenda il 28 gennaio (3) e di aver poi gettato il suo corpo in una laguna, dopo averlo tagliato a pezzi. Precisò che non aveva ancora confessato il crimine perché era stato minacciato a sua volta di morte se avesse rivelato il luogo esatto in cui il dirigente shuar era stato assassinato.
La testimonianza di Tunki infiammò gli spiriti delle persone riunite a Tsurakù, che decisero di giudicarlo subito. I sei poliziotti che si trovavano con gli indigeni durante tutta la giornata furono obbligati ad abbandonare la comunità. Tuttavia, convinsero gli shuars di consegnare Lucia Waam, moglie di Tunki, e i due figli minorenni per sottrarli al linciaggio.
Nella serata di venerdì 2 marzo, dopo molte ore di discussione, i dirigenti della comunità shuar condannarono a morte Tunki, in accordo con le loro antiche leggi che dicono che “chi uccide con il coltello muore con il coltello”. Dopo aver preso questa decisione, Tunki fu condotto nella parte retrostante il luogo del “giudizio” e fu giustiziato. Inseguito il suo cadavere su cosparso di un’essenza e fu bruciato.
Il 5 marzo, gli  shuars si riunirono nuovamente per chiedere giustizia e l’arresto di Tsamarenda (uno dei presunti autori del sequestro di Yankuam) indicando che si trovavano in quello stato di “urgenza comunitaria” per il tempo necessario.
Il 6 marzo, davanti alla richiesta delle autorità, gli shuars accettarono di restituire i resti di Tunki: L’intendente Tarquinio Altamirano, si riunì con cinquecento persone, venti dei quali con il volto coperto da passamontagna e fazzoletti, chiedendo l’arresto di Tsamarenda, che accusavano di diversi delitti.
Una delle condizioni poste dagli indigeni per restituire i resti della vittima del loro giudizio fu che l’intendente e i poliziotti si impegnassero a catturare Tsamarenda nei seguenti cinque giorni, per poi consegnarlo alle autorità giudiziarie. Avvertirono anche che restavano sul “piede di guerra” fino all’arresto.
Secondo un documento dell’Assemblea biprovinciale della Nazione Shuar, il loro dirigente Gilberto Yankuan è stato eliminato perché, in seguito a un viaggio effettuato negli Stati Uniti, avrebbe scoperto un traffico di teste rimpicciolite (tzantzas). Teste provenienti da cadaveri dissotterrati o da persone assassinate. Un indigeno arrestato mentre trasportava delle teste rimpicciolite destinate a musei nord americani, avrebbe dato il nome di Tsamarenda come mandante. Per evitare di divulgare il suo traffico lucrativo, illecito e criminale, quest’ultimo avrebbe ordinato il sequestro del vice presidente della Confederazione.
Il 28 febbraio 2007, spostandosi da Puyo per condurre questa inchiesta, la polizia di Quito ha continuato le sue ricerche relative alle parti mancanti dei corpi di Emiliano Eva e di Denis Tronchin. È in queste circostanze che sono state rinvenute nei pressi di Pastaza, assieme ad altri tredici cadaveri...

6. Che cosa pensare?
La storia qui raccontata occupa i miei pensieri da qualche mese. È stato grazie al resoconto di una giornalista d’inchiesta, che conduceva un’indagine sulla pericolosità dell’ayahuasca e del “turismo sciamanico”, che sono venuto a conoscenza della morte di due giovani italiani in Amazzonia equatoriale, in seguito a un’overdose durante un rituale organizzato dagli indigeni.
Le ricerche compiute mi hanno permesso di accedere a testimonianze e a documenti in lingua spagnola e italiana la cui traduzione si è rivelata molto istruttiva (4).
Emiliano Eva e Denis Tronchin erano pieni di progetti e avevano l’avvenire davanti a loro. È emozionante vedere il bisogno di ricerca che rimane sulla Tela. I loro visi sono il ritratto della salute, della giovinezza (5). Ma non ci sono più, vittime della barbarie, della loro ingenuità e di un certo condizionamento culturale e mediatico che porta a pensare che la felicità si trovi necessariamente altrove, negli “altri mondi” rivelati da “entità invisibili” o da “spiriti guardiani della foresta”, al termine di un percorso “iniziatico” in cui si ingeriscono delle bevande dette “sacre”, in realtà dei decotti neurotossici con potenti effetti allucinogeni.
Contrariamente alle affermazioni dei promotori di queste iniziative che sostengono, tramite i loro avvocati, che non è possibile morire sotto effetto dell’ayahuasca durante una seduta condotta da sciamani, visto che per soccombere bisognerebbe assumere una quantità enorme di bevanda, il decesso dei due italiani nel pieno delle loro forze dimostra che l’esperienza può essere fatale. E , in questo caso, non è proprio possibile uscirne facilmente dicendo che non avevano rispettato le regole, accusandoli di non essersi preparati e di essersi consegnati al primo sciamano arrivato.
La morte atroce di Emiliano Eva e Denis Tronchin deve spingere alla più estrema prudenza gli sperimentatori potenziali che degli agenti reclutatori, talvolta illuminati, ma più spesso cinici e avidi, iscrivono tramite internet ai loro stages, seminari, ateliers o riunioni  più o meno folkloristiche che si tengono in Europa, a Cogolin (Francia), ad esempio. I rischi maggiori per la salute fisica, psichica, intellettuale d spirituale dell’individuo sono accuratamente passati sotto silenzio o minimizzati al massimo da apprendisti stregoni e dai dottor Mabuse di moda, che gestiscono perfettamente le tecniche del discorso e della manipolazione psicologica per avere risposte su tutto, eludere le questioni imbarazzanti e applicarsi a squalificare le associazioni o istituzioni che denunciano le derive terapeutiche e derive settarie che contaminano il campo sanitario e sociale.


(1). Dal maggio 2005, l’ayahuasca (o yagé o natem) è classificata come stupefacente in Francia, la decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato nel dicembre 2007. http://www.psyvig.com/default_page.php?menu=14&page=7
(3). Diversi articoli di stampa, in italiano e spagnolo di cui:
(4). Ringraziamenti a Isabelle Rituit, professore, per la traduzione degli articoli in italiano.


Articolo inedito di Guy Rouquet, presidente di Psychothérapie Vigilance, messo in rete l’11 maggio 2009. Il testo, che potrà essere oggetto di precisazioni complementari, si affianca a quelli che compaiono nella rubrica “droghe” e in quella “sciamanesimo e neosciamanesimo” del sito di Psychothérapie Vigilance: http://PsyVig.com
Data dell’ultima messa a punto del testo: 12 maggio 2009, ore 8.55.